Il tatto. Uno dei sensi meno discussi ma più abusati in maniera (spesso) insconsapevole. Frequentemente capita di avvertire questo impulso a dover toccare le cose. E' la dimensione dal con-tatto, che deriva dal tatto che è a sua volta strumento di contatto. Significa con-tattare ovvero toccare in due, condividere il tocco. Significa empatizzare fisicamente con qualcuno o con qualcosa. La sintonizzazione contattuale è l'aura di due materie che si mischiano, di atomi che collidono. M'immagino corpi e oggetti come circondati ad una sorta di fuoco fatuo, da un'aura mistica e carica d'energia che rappresenta la manifestazione del proprio "ego", qualunque esso sia: fattuale, amorfo oppure concreto e tangibile, con caratteristiche peculiari riprese dal patrimonio genetico, un'aura contraddistinta da un preciso corredo "cromosomico", una manifestazione unica e peculiare della personalità di una data materia. Il contatto tra due "cose", in questo senso, è una sorta di rapporto sessuale dove si incontrano i "gameti" delle auree, un rapporto fantasmatico che simboleggia una nuova nascita, un piacere, un'intimità, una voglia di condividere, quasi un'amore/odio (l'ambivalenza è caratteristica di ogni emozione/sensazione, non esiste un polo senza l'esistenza dell'altro polo che ne esalta le particolarità antitetiche). Il contatto con un'opera d'arte può assumere varie forme altrettanto pregnanti (visive, uditive) ma, laddove possibile, il con-tatto - tattile - rappresenta il summit della condivisione, il ritrovamento della dimensione, inteso in ogni sfaccettatura, sia dinamico/metafisica che concreta/dimensionale e quindi puramente materiale. Questo ci porta a comprendere come mai il contatto sia un argomento spinoso anche fra individui; a volte non è tollerato, a volte è gradito, a volte è sgradito, a volte è forzato, a volte è ricercato. Se lo simboleggiamo come una sorta di rapporto intimo viene naturale pensare che a tutti non è permesso toccare, alcune volte si può arrivare a parlare persino di stupro perpetrato attraverso il contatto; ovvero quando quest'ultimo diventa coercitivo, forzato, inaccettabile. La prossemica ci indica il grado di intimità che siamo disposti a tollerare e scandisce i ritmi comunicativi e i livelli diamicizia/intimità. Ci sono distanze troppo brevi che provocano sensazioni sgradevoli e ci sono distanze eccessive che ostacolano la comunicazione. Ogni occasione ha una sua prossemica, ogni persona ha una sua personalissima saturazione con-tattuale, infine ogni individuo ha il suo tipo di contatto che indica i gradi di libertà entro i quali ci possiamo muovere. Ovviamente questa libertà non è una e una soltanto, ma è dinamica, cambia nel tempo e nello spazio, in base al contesto, in base allo stato e in base al grado di intimità raggiunto. Il percorso di avvicinamento è graduale e non può essere affrettato; è come gettare un sasso in uno stagno e riavvolgere il nastro guardando l'operazione all'inverso: i cerchi concentrici, prima larghi e sformati, si fanno sempre più delineati man mano che ci si avvicina al nucleo: questo processo non ha tempistiche universali e spesso è lento e scandito su un continuum senza che la soluzione di continuità venga interrotta. Quando ci si avvicina al nucleo si può addirittura sperimentare un'esperienza di fusione, una dimensione trascendentale, ascetica, dove due corpi, due materie o sostanze si fondono in un sincretismo simbolico che perde qualsiasi tipo di riferimento di confine: l'unione delle auree genera la smaterializzazione e forse quello che alcune discipline orientali tendono a definire Nirvana, il tutto, la totale presenza/assenza di contatto con l'essenza dello Spirito e dell'Universo. Possiamo parlare inoltre di contatto con l'inconscio, con il rimosso, con il non tangibile e il non esperibile, è un tipo di esperienza subliminale (e alcune volte Psicoanaliticamente patologica) che ci insegna che non servono sensi, recettori e terminazioni nervose per toccare e che non tutto il toccabile è cosciente e a “portata di mano”. Ma, senza divagare troppo, possiamo rapportare tutte queste considerazioni al mondo artistico/culturale: avere un rapporto con l'arte (o con la storia) significa "andarci a letto in senso simbolico", ovvero condividerci uno spazio relazionale che attraversa trasversalmente la dimensione cognitiva, emotiva e puramente fisica, l'accentuazione del senso, del vissuto, della dolcezza. Un orgasmo artistico è una sensazione (e allo stesso tempo un sentimento) che attraversa i cerchi concentrici in maniera repentina e più sfumata; è un'opera di disconoscimento che può portare anche all'annullamento del proprio ego - quando esperito in maniera eccessiva - in quanto il flusso è esclusivamente unidirezionale e va dall'opera in direzione della persona che cerca di entrare in contatto con essa. La potenza schiacciante dell'arte, a volte, annichilisce per questa sua forza impetuosa; è un overflow, un overdose di sensazioni paragonabile ad uno stato sensoriale/percettivo pesantemente alterato. Può diventare pericoloso se non abilmente centellinato, in quanto la dimensione artistica spesso collide con le vie che portano al dolore fisico o dell'animo. Tuttavia, in questo caso, ritengo forse più sensato parlare di orgasmo artistico cercando di ricavarne una visione temporalmente più limitata e certamente più "positiva" e calzante del godimento esperito attraverso questo particolare amplesso contattuale che parte da una visione, da un innamoramento, fino ad arrivare alla condivisione tattile; culminando, infine, non nell'annullamento dell'ego ma piuttosto nel suo avvinghiamento.
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Alessio Tesi
- 04/07/2012 15:10:00
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Ciao Bianca. Sono felice che abbia smosso in te "qualcosa". In fondo la lettura serve anche per riflettere su noi stessi guardandoci da un angolatura diversa e per tirare fuori quel significato sopito rimasto in penombra, sulla punta...della lingua.
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Bianca Mannu
- 03/07/2012 12:39:00
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Interessante. Credo che abbia portato una luce in più sulla mia esperienza circa leffetto in me delopera darte altrui, specialmente nel rievocare certi "innamoramenti artistici" giovanili.
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